Caserta, Napoli e i prodigi campani


Un ritratto del territorio dal Touring club italiano

Genius loci del casertano è la Reggia di Caserta, ma l’icona della regalità borbonica si circonda di luoghi che sono sempre lì a contendersi lo scettro. È forse un miracolo, l’intera Campania. Una regione prodigio che fa sorridere, gioire, meravigliare. Da Napoli con la sua corolla di isole – Capri, Ischia e Procida – a Sorrento, che dà il via alla Costiera Amalfitana, dall’area archeologica di Pompei a quella di Paestum, fino a un dolce bookend, il Cilento.

Reggia di caserta, palazzo Reale

Dici Caserta, dici Reggia, Patrimonio mondiale Unesco. Una delle residenze più sontuose della Penisola, il riflesso dell’ambizione di Carlo di Borbone e delle grandi capacità di Vanvitelli. Un complesso immenso che stravolge l’idea di spazio che si è sempre avuto e che cambia le prospettive. Un luogo in cui la monumentalità e lo sfarzo settecentesco della dimora reale si accompagnano al romanticismo del parco e dei giardini, talmente ampi che a fatica se ne scorge la fine. È qui che si punta, con cognizione di causa, quando si pensa a Caserta. Eppure c’è di più, intorno alla Reggia. C’è la spensieratezza di via Mazzini, l’arteria in cui si concentrano i locali e i ristoranti della città moderna. C’è il Medioevo di Casertavecchia, nucleo originario dell’attuale Caserta, un borgo incantato che Pasolini scelse nel 1971 per girarci alcune scene del suo Decameron. C’è l’archeologia industriale, e utopica, di San Leucio, una sorta di cittadella ideale che ruotava intorno alla regia fabbrica serica voluta da Ferdinando IV di Borbone, che per l’occasione si inventò probabilmente il primo welfare aziendale del nostro Paese. Per gli operai: alloggi dignitosi, ammortizzatori sociali, scuole garantite ai figli e niente gender gap. Ci sono i resti archeologici di Santa Maria di Capua Vetere, a testimoniare il passato straordinario della Campania. Che straordinaria lo è un po’ ovunque. Una regione così raggiante da fare dimenticare le ombre che a volte la seguono.  

 

Veduta di Napoli al tramonto

Napul'è

Napoli è un po’ come una giostra che gira a velocità altissima. Un giorno per adattarsi ai suoi ritmi e una vita per dimenticarsi di tutto l’incanto che c’è. D’altronde, come si dice, vedi Napoli e poi puoi pure morire, che tanto di bellezza han fatto il pieno gli occhi. Bisogna essere pronti a lasciarci un “piezz ‘e core” in questa città.  

Napoli non sarebbe Napoli senza i suoi contrasti. Tra le architetture sontuose del centro storico si insinuano i vivaci vicoli dei rioni bassi, con palazzi antichi dalle facciate scrostate. Come il Rione Sanità, il quartiere dove nacque, modestamente, Totò, dove si venerano teschi come neonati, dove i sotterranei non sono solo sotterranei, ma nascondono catacombe di inestimabile valore. Quartieri veraci che urtano con quelli signorili come il Vomero, ma che sono in piena rigenerazione culturale e urbana.  

A fare da sottofondo, una canzone neomelodica o un pezzo di qualche rapper locale, la teatralità e le voci alte dei napoletani. Gente abituata all’improvvisazione, sempre pronta ad accogliere, a raccontare ed elogiare questa terra, in tutte le sue sfumature. Un popolo di spirito, che vive ardentemente delle sue tradizioni, di suggestive credenze popolari e fervore religioso. Una religione che è anche quella del calcio. Del resto a Napoli è passato Maradona, quella mano de Dios che ancora vive nei murales, nelle magliette appese ai banchi dei mercati, nelle edicole votive e, soprattutto, nel cuore dei suoi tifosi. 

 

Pompei

Oltre le città: mare, natura e archeologia

In questo territorio la grande fortuna è avere l’imbarazzo della scelta. Oltre Caserta e oltre Napoli. A guardare l’orizzonte dalla città di Pulcinella, in primo piano c’è il placido Vesuvio, più in là si scorgono tre sagome rocciose che emergono dal blu saturo del mare. Pare che Capri, Ischia e Procida, ognuna con il proprio carattere, abbiano stretto un patto eterno con il sole e il clima mite, linfa vitale per la natura rigogliosa che le adorna tutto l’anno. E stanno lì, a crogiolarsi nella loro struggente bellezza.  

Tornando al continente, non si può fare a meno di pensare a Sorrento, lì dove il mare luccica e l’aria sa di sale e limone, alla Costiera Amalfitana e ai suoi borghi verticali e colorati, le cale segrete, i panorami unici e un mare di cobalto. Poi c’è la Campania felix degli scavi: Pompei, Ercolano e Paestum, per esempio, che raccontano la vita frenetica degli antichi romani. E, in fondo a tutto questo, lo spettacolo si chiude con il Cilento, parco nazionale patrimonio mondiale Unesco, fatto di insenature appartate e grotte che svelano mondi sommersi, lunghe distese di sabbia, un mare limpido e blu, borghi immobili rimasti a un passo dal domani. 

 

Procida

Tu vulive a pizza

La Campania è bella sì, ma è anche buona. La sua forte identità si riversa anche ai fornelli. E per questo risulta una facile meta di turismo gastronomico. È impossibile elencarne tutti i prodotti e i piatti tipici. Si parte dal pesce e si arriva ai legumi, con in mezzo agrumi che colorano le coste di giallo. In vetta alla classifica però troviamo il pomodoro di San Marzano e la mozzarella di bufala, ingredienti base della regina della cucina campana: la pizza, quella classica, la Margherita. Tonda, morbida e sottile e con i bordi un po’ alti. Al primo assaggio ne vorrete altri mille. 

 

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